Che cos’è l’amor?
Una delle definizioni che più mi convince dice: “L’amore è la sopravvalutazione dell’altro“.
Quando ci si innamora, l’altra o l’altro appaiono unici, meravigliosi, si rimane preda dello stupore di fronte a cotanta beltà.
Quando ci si innamora, la persona che va ad occupare costantemente i nostri pensieri, ci appare intelligente e simpatica come nessun’altra al mondo; il suo volto e il suo corpo sono come un’armonia di elementi che diventano musica, per via di quell’essere tutti strumenti accordati di una sublime orchestra; la sua vita è un incredibile film d’avventura, azione e passione.
Si desidera confondere se stessi con l’altro. Diventare parte di quella sua strepitosa esistenza con l’inconscia (o forse no) intenzione di diventarne parte o un tutt’uno (qualcuno, addirittura, farne bottino per un tutt’uno CC bancario).
La storia narra che Pavlova, una ballerina russa che si trovava in tournée in Australia (la diatriba sulla paternità della Pavlova è tutt’ora aperta e feroce tra Australia e Nuova Zelanda), colpì il cuore di un giovane pasticcere.
Innamorato della leggerezza della sua danza sulle punte, dei suoi abiti di tulle bianco, del suo elevarsi morbida da terra inventò questa sua dolce creazione ad immagine e somiglianza della ballerina: bianca, leggera, protesa verso l’alto e…. guarnita con la polpa del frutto della passione (e con cosa altrimenti? di una pera?… pareva poco romantico!).
Ho conosciuto Pavlova un paio di anni fa.
All’inizio non facevo troppo caso a lei: la vedevo passare, ma non mi soffermavo.
Ai miei occhi appariva eccessiva, troppo costruita, quasi finta, inaccessibilmente austera e insopportabilmente antipatica per questo suo carattere pieno di prosopopea ed ostentazione di fama e celebrità.
Solo oggi capisco che, come spesso succede, l’antipatia è un primo sintomo dell’innamoramento.
Le immagini che vedevo di lei, su riviste o sui social, la ritraevano sempre con abiti di colori diversi: talvolta si distingueva per quelle striature gialle del frutto della passione, più spesso era il rosso il colore che la dominava, dal vermiglio delle ciliegie, al rosso lucente del ribes, al rosa scuro del lampone fino ai toni violacei del mirtillo.
Rimanevo colpita da questa sua eccessiva bellezza che mi allontanavano e al contempo avvicinavano a lei.
La vedevo sempre integra, come se tutti avessero paura di toccarla: mai una briciola fuori posto!
Eppure, piano piano, sentivo che da qualche parte tutta questa freddezza nascondeva un tratto di umanità.
Come spesso succede, sono le contraddizioni che attraggono in amore.
Una luminosa mattina di primavera (e quando sennò?) un’immagine di lei catturò il mio sguardo.
C’era qualcosa che rompeva l’armonia del suo candore. Guardai meglio, cercai di mettere a fuoco l’origine della mia attrazione confusa con l’angoscia ed eccola lì, la ferita, il dolore di Pavlova, la crepa nel suo corpo che, immediatamente, si fece crepa nel mio cuore (e dove sennò?!).
Quella crepa che nascondeva un’apertura, mi risucchio e ne fui inerme preda!
Quella crepa nel candore della meringa fu fatale: volli conoscerla, volli provarla.
Iniziò il calvario: Pavlova venne a vivere con me, facevo e disfacevo, giornate intere appresso a lei!
Frullavo, montavo, infornavo; volevo che fosse perfetta la mia Pavlova.
Ogni volta era bellissima, ogni volta aveva qualcosa di speciale eppure, nell’approfondire, nell’assaporare la sua anima profonda, ogni volta la delusione arrovellava il mio sentire.
La poesia e quell’immagine di lei fragile ma solenne lasciò pian piano il posto ad una realtà che non accettavo e che mi costrinse a lunghi mesi di convivenza che sfociarono presto in frustrazione.
Le sono stata vicina, ho seguito i suoi umori, ho sopportato la sua presenza, talvolta ingombrante, nel riporla nel frigorifero.
Se l’austerità e addirittura la presunzione erano i suoi tratti distintivi di cui chiunque poteva rimanere stupito al primo incontro, la sua parte più profonda era quanto di più distante da tutto ciò: passiva, melliflua, addirittura stucchevole, moscia e senza carattere, piegata a qualsiasi evento. Ogni volta speravo di ritrovarla diversa, mi ostinavo, ci provavo e riprovato e tutte le volte ne uscivo sconfitta e delusa.
Pavlova non era quello che credevo. Non era certo quello che mostrava. Pavlova non mi piaceva.
Una volta finito l’innamoramento bisogna accettare l’altro per quello che è davvero, per quello che si mostra con una convivenza ed una conoscenza profonda.
E così, finito il culturale si principia il gastronomico e quindi, posso ammettere oggi con tranquillità che i miei tentativi di preparare la Pavlova sono stati un disastro. Due anni di prove e fallimenti.
Dunque, io non ho mai assaggiato una Pavlova in vita mia (eccetto quelle preparate da me!), e già questo è un primo enorme ostacolo: cucinare piatti di cui non si conoscere sapore e consistenza è proprio come remare su una zatterina in mare aperto senza bussola. 4 albumi a temperatura ambiente PER GUARNIRE PER LA CREMA 250 ml di panna da montare Assolutamente non utilizzate uova appena tolte dal frigo altrimenti il disastro è assicurato! Dovranno essere a temperatura ambiente ovvero lasciate fuori dal frigo almeno per una notte.
Poi un giorno, parlando con Eoghan – amico del parco con cui mi perdo in piacevoli chiacchiere mentre il suo pelosetto Oscarino gioca con la nostra Poppy – mi confidò di essere un grande esperto di Pavlova, di conoscerla molto bene, addirittura sua madre gliela aveva presentata anzi, era proprio un’esperta nella preparazione della Pavlova.
Sfogai con Eoghan tutta la mia frustrazione per questo incontro sbagliato, quasi un fraintendimento, per questa cocente delusione, per tutti i miei tentativi di fare di Pavlova ciò che non era. Finalmente, potevo sapere da qualcuno se la Pavlova che preparavo io era sbagliata o se, invece, doveva essere proprio in quel modo che io non accettavo.
Il giorno seguente, mi presentai al parco con la MIA Pavlova in mano per fargliela assaggiare!
Il suo giudizio fu inequivocabile “la tua Pavlova è buonissima, proprio come deve essere!“.
Ed io che speravo e credevo di sbagliare tutto.
Ho passato mesi a cercare una ricetta per fare una meringa che non avesse quel terribile effetto marshmallow ed invece, era proprio così che doveva essere Pavlova: moscia, senza carattere, dolce e stucchevole, tutt’altro rispetto a quello che mostrava.
Per non parlare poi del fatto che per tagliarla bisogna metterle un’imbracatura per tenere insieme una fetta come si deve!
Pavlova era così ed io non potevo trasformarla in qualcosa che non era.
Ebbi comunque un piacevole senso di sollievo nell’acquisire tale consapevolezza. E’ vero come si dice che “mi misi l’animo in pace”.
Non era colei che credevo, ma imparai a volerle bene per quello che era. A qualcuno quel suo carattere, quel suo animo così poco deciso piaceva tantissimo. Molte persone l’amavano proprio per quella sua morbidezza melliflua dell’animo profondo.
Ora sono più tranquilla, ho fatto pace con Pavlova. Tra noi, adesso, è un amore maturo.
Ora è la ragione che ci tiene unite.
So com’è fatta e so come farla.
L’accetto per quello che è.
Ingredienti
un pizzico di sale
1 cucchiaino di acqua molto fredda
250 g di zucchero granulato
1 cucchiaino di aceto di vino bianco
1 cucchiaino di estratto di vaniglia
3 cucchiai di amido di mais
Mirtilli, lamponi, amarene, frutto della passione; scegliete quello che più vi piace!
2 tuorli di uova
6 cucchiai di zucchero
3 cucchiai di amido di mais
1 baccello di vaniglia
500 ml di latte intero
150 gr di zucchero a veloprocedimento
Sistemare gli albumi con un pizzico di sale nella planetaria e farla andare a medio/bassa velocità per 10 minuti, alzare poi ad una velocità media/alta (nella mia planetaria ho impostato quasi al massimo) per altri 10 minuti.
Aggiungere quindi un cucchiaino di acqua fredda e, se l’albume è montato bene, ovvero rimane incollato al cucchiaio quando lo capovolgete, potete cominciare a mettere piano piano i cucchiai di zucchero. Dovrete impiegare almeno 5 minuti aggiungendo un cucchiaio di zucchero per volta e lasciando del tempo tra l’uno e l’altro in modo che ciascuna parte di zucchero venga ben incorporata. In questa fase la planetaria può essere mandata al massimo. Verificata la consistenza fermissima dell’albume montato, aggiungere 3 cucchiai di amido e l’estratto di vaniglia e frullare a velocità bassa per 1 minuto; aggiungere poi l’aceto e spegnere la planetaria.
Sistemare un foglio di carta da forno su di una teglia (con un dito bagnato premere ai lati e al centro della teglia così da far aderire bene la carta ed evitare che si muova mentre modellate la meringa).
A questo punto si potrà versare la meringa e dovrete decidere come volete la vostra pavlova: due cerchi bassi che andranno poi sovrapposti, oppure un unica montagnola alta? Aiutatevi con una spatola e modellate a piacere. Il forno deve essere preriscaldato a 150° ed appena inserite la teglia dovrà essere abbassato a 120° e mantenuto così per 1 ora; successivamente, dovrà essere abbassato a 90° per un’altra ora e poi dovrà essere spento lasciando la meringa all’interno per 30 minuti. Si dovrà, infine, aprire un poco lo sportello del forno per lasciar uscire l’umidità e dopo altri 30 minuti o più si potrà togliere la meringa dal forno.
Nel frattempo che la meringa cuoce dovrete aver preparato la crema mescolando i tuorli con lo zucchero, mettete il latte sul fuoco aggiungendo i semi di un baccello di vaniglia. Aggiungere il latte caldo alle uova e allo zucchero e rimettere tutto sul fuoco fino al raggiungimento del bollore, mescolando sempre con una frusta. Quando la crema si sarà addensata toglierla dal fuoco e continuare a girarla di tanto in tanto. Quando si sarà intiepidita coprirla con della pellicola per evitare che si formi uno strato compatto sulla superficie. Montare la panna aggiungendo alla fine lo zucchero. Quando la crema sarà completamente fredda si potrà unire piano piano la panna mescolando con una spatola dall’alto in basso.
A questo punto parte il momento fantasy e sta a voi assemblare la pavlova come più vi piace: potete inserire la crema tra i due dischi, oppure metterla sopra l’unica meringa che avete e decorarla come preferite.
Se la pavlova presenta delle crepe…. è normale: amatela così come vi è venuta!